sabato 11 aprile 2020

DIALOGHI DI PLATONE

STEP #08   

«Araldo: "Non sarà un demone a scegliere voi, ma sarete voi a scegliere il vostro demone. Chi è stato sorteggiato per primo, per primo scelga la vita alla quale sarà necessariamente congiunto. La virtù non ha padrone, e ognuno ne avrà in misura maggiore o minore a seconda che la onori o la disprezzi. La responsabilità è di chi ha fatto la scelta; la divinità è incolpevole"».
(Platone, Repubblica, capitolo X)


Platone non ha esplicitamente formulato un concetto di fortuna, però, si può rintracciare analizzando attentamente i suoi dialoghi.
Essa non deve essere intesa con il significato odierno bensì con il significato primordiale ovvero bisogna concepirla come una forza sovrannaturale che regola la vita degli uomini. È da intendersi come il termine latino fortunae, ovvero destino.
La fortuna per Platone ha una connotazione morale e si presenta sotto forma di virtù, e attraverso l'esercizio di quest'ultima si può raggiungere la sophia ovvero la sapienza intesa come possesso teorico di scienza e capacità morale di saggezza.
Le parole di Lachesi vogliono evidenziare il fatto che la virtù dipende da ognuno di noi e dalle sue scelte le quali bisogna compierle con responsabilità. Quindi per ogni persona non vi è un destino già scritto bensì saranno le scelte della persona stessa a scriverlo e non esiste un essere sovrannaturale in grado di controllare ogni vita (Faber est suae quisque fortunae).
La citazione riportata è tratta dal libro X della Repubblica in particolare durante la narrazione del mito di Er.


IL MITO DI ER:
Il mito narra di Er, figlio di Armenio, il quale morì durante una guerra e prima di essere sepolto si ridestò dal sonno mortale e raccontò quanto aveva visto nell'aldilà.
Rivelò che la sua anima, dopo essere uscita dal corpo, si mise in viaggio con altre anime per raggiungere un luogo divino dove sedevano i giudici delle anime, i quali indirizzavano quelle giuste in cielo e quelle ingiuste sottoterra dove dovevano espiare le proprie colpe con una pena decupla di quello che avevano commesso in vita per diventare anime pure, in particolare le pene dei tiranni non potevano essere espiate.
Ad Er venne ordinato di ascoltare ed osservare cosa avveniva per poi raccontarlo agli uomini.
Dopo aver scontato le pene, le anime potevano risalire un imboccatura, la quale se non si era scontata pienamente la pena echeggiava e le anime venivano rispedite negli inferi.
Dopo aver trascorso sette giorni in un prato le anime dovevano mettersi in cammino fino a raggiungere un fascio di luce, simile all'arcobaleno, dove a capo vi era il fuso di Ananke che era formato da otto vasi concentrici rotanti disposti uno dentro l'altro. In ogni cerchio si muoveva una Sirena che emetteva una sola nota e l'insieme delle otto note formava una melodia.
Inoltre vi erano altre tre donne, le moire, figlie di Ananke: Lachesi, Cloto e Atropo.
Le anime dopo aver raggiunto il luogo venivano messe in fila da un araldo e Lachesi estraeva dalle sue ginocchia le sorti e modelli di vita e le anime dovevano scegliere il proprio destino e nessuna sarebbe stata favorita, ogni anima sarebbe divenuta responsabile della propria scelta.
Dopo aver compiuto la scelta ogni anima ricevette da Lachesi il daimon, custode della vita ed esecutore della scelta. Successivamente l'anima giungeva al cospetto di Cloto la quale sanciva il destino e successivamente al cospetto di Atropo che rendeva immutabile la scelta.
Scese la sera e le anime si accamparono presso il fiume Amelete e tutte le anime tranne Er furono costrette a bere l'acqua del fiume la quale face dimenticare ogni cosa accaduta.
Nella notte ci fu un tuono ed un terremoto che trasmigrò le anime nelle nuove vite e fece ritornare l'anima di Er nel suo corpo.

Le tre Moire



Per saperne di più:





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CONCLUSIONE BLOG

Arrivati alla fine di questo viaggio all'interno della fortuna non resta che augurarci buona fortuna per l'esame!