venerdì 29 maggio 2020

ZIBALDONE

STEP #20


Giacomo Leopardi è un pilastro della letteratura italiana, ritenuto il maggior poeta dell'Ottocento italiano e una delle più importanti figure della letteratura mondiale. Nacque il 29 giugno 1978 a Recanati.
Esso viene definito tutt'oggi scrittore, poeta, filosofo e filologo.
Le sue opere principali furono: "Epistolario", "Gli interventi nel dibattito classico-romantico", lo "Zibaldone di pensieri", "Il Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'italiani", le "Operette morali" ed "I Canti".





Essendo questo blog incentrato sul rapporto tra filosofia ed ingegneria analizzeremo una delle opere più importanti dal punto di vista filosofico ovvero: lo "Zibaldone di pensieri" e in particolare ricercheremo all'interno di esso il concetto di fortuna.

LO ZIBALDONE

Si tratta di un diario personale che raccoglie i pensieri e le riflessioni di Giacomo Leopardi. Comporto tra il 1817 ed il 1832, ed è composto da 4526 pagine.
Il titolo deriva dalla caratteristica della composizione letteraria, infatti è mistura di pensieri, proprio come  l'omonima vivanda emiliana che è costituita da molti ingredienti diversi.
All'interno dell'opera è assai ricorrente il concetto di fortuna da me preso in esame.




« È proprio degli uomini l’ammirar la fortuna e il buon successo delle intraprese, l’essere strascinati da questo e da quella alla lode, e per lo contrario dalla mala sorte e dal tristo esito al biasimo, l’esaltare chi ottenne quel che cercò, il deprimere chi non l’ottenne, lo stimar colui superiore al generale, costui uguale o inferiore, il credersi minor di quello e da lui superato, maggior di questo od uguale; insomma, il distribuir la gloria secondo la fortuna. Questa proprietà degli uomini di tutti i tempi avea maggior luogo che mai negli antichi. L’esser fortunato era la somma lode appo loro. E ciò per varie cagioni. Primieramente la fortuna non si stimava mai disgiunta dal merito, per modo ch’eziandio non conoscendo il merito, ma conoscendo la fortuna d’alcuno, si reputava aver bastante argomento per crederlo meritevole. Come negli stati liberi pochi avanzamenti si possono ottenere senz’alcuna sorta di merito reale, e come gli antichissimi popoli nella distribuzione degli onori, delle dignità, delle cariche, dei premi, avevano ordinariamente riguardo al merito sopra ogni altra cosa, cosí e conseguentemente stimavano che gli Dei non compartissero i loro favori, che la fortuna non si facesse amica, se non di quelli che n’erano degni: talmente che anche i doni naturali, come la bellezza e la forza, si stimavano compagni»

In questo spezzone viene analizzato il rapporto tra merito e fortuna presso gli antichi, essi intendevano la fortuna come una lode mentre la sfortuna come una giusta punizione.



«Noi che non riconosciamo né fortuna né destino né forza alcuna di necessità personificata che ci costringa, non abbiamo altra persona da rivolger l’odio e il furore (se siamo magnanimi e costanti e incapaci di cedere) fuori di noi stessi; e quindi concepiamo contro la nostra persona un odio veramente micidiale, come del piú feroce e capitale nemico e ci compiaciamo nell’idea della morte volontaria, dello strazio di noi stessi, della medesima infelicità che ci opprime e che arriviamo a desiderarci anche maggiore, come nell’idea della vendetta contro un oggetto di odio e di rabbia somma.»

In questo altra parte invece la fortuna viene concepita come un vero e proprio essere animato o non, a cui attribuire felicità ed infelicità. E le persone che non vi credono si autoaccusano della propria infelicità e tutto questo porta ad un malessere psicologico e al pessimismo.





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CONCLUSIONE BLOG

Arrivati alla fine di questo viaggio all'interno della fortuna non resta che augurarci buona fortuna per l'esame!