mercoledì 25 marzo 2020

STORIOGRAFIA

STEP #02  


Il concetto di fortuna così come lo conosciamo noi oggi ha subito un processo di astrazione, infatti nell’antichità non si parlava di fortuna bensì della dea Fortuna, vi era quindi una vera e propria personificazione del termine. Grazie a queste diverse concezioni, nelle diverse epoche, possiamo tracciare una vera e propria storia attraverso l’arte e la letteratura.

La prima apparizione del termine fortuna risale probabilmente al XII secolo e, come detto in precedenza, era il nome di una divinità.
Fortuna possedeva un carattere doppio, ma sempre positivo: uno intraprendente, cioè che aiutava a far andare bene le imprese e l’altro erotico.
Di questa dea ci sono pervenute diverse rappresentazioni.

Taddeo Kuntze, "Fortune", 1754

Nella maggior parte di esse, la dea Fortuna viene rappresentata con l’immagine di una giovane donna la quale si poggia sopra ad una sfera, immagine allegoricamente per indicare l’instabilità e la causalità degli eventi, inoltre è rappresentata bendata in quanto le sue scelte sono dettata puramente dal caso.
Un altro tipo di immagine iconografica in cui appare la dea è la ruota della fortuna.


Miniatura dal "Libro di Troia", john Lydgate, 1457

Questa rappresentazione possiamo definirla come un’evoluzione di quella precedente, in quanto sono molto simili e differiscono solo per la posizione della divinità, la quale non si erge più sopra ad una sfera, bensì è seduta sulla sommità di una ruota.

Oltre ad essere protagonista di diverse opere artistiche alla divinità vennero anche dedicati diversi templi per la sua adorazione e il suo culto. Ad esempio: Templum fortunae publicae in colle quirinali, Templum fortunae publicae citerior in colle e Fortuna primigenia in colle.

Tempio dedicato al culto della Fortuna Primigenia, Roma


Dopo questo primo periodo di venerazione e culto della dea Fortuna intesa come essere reale si passa, come si evince dalla letteratura a concepire la fortuna come una forza soprannaturale, essere inanimato.

Diversi sono gli esempi che possiamo trarre dalla letteratura italiana.

Dante nel canto VII dell’Inferno, immagina la fortuna come un’intelligenza celeste, uno spirito angelico, incaricato dalla Provvidenza di distribuire tra gl'individui e i popoli i beni esterni e di trasferirli secondo i disegni imperscrutabili di Dio.


Inferno, canto VII, righi 67-84



Boccaccio tratta del tema della Fortuna diverse volte all'interno del suo manoscritto "Decameron". Una delle novelle in cui si tratta il tema della fortuna è Landolfo Rufolo. La fortuna viene definita come una forza oscura a metà tra vicissitudine e necessità.





Nella novella di Landolfo tutto comincia con un caso sfortunato, determinato da una circostanza esterna e quindi non direttamente imputabile al protagonista, sebbene non del tutto indipendente dalle sue scelte: egli infatti prende una decisione che si rivelerà rovinosa, recandosi a vendere le proprie mercanzie sull’isola di Cipro. Alla responsabilità di Landolfo compete invece la scelta di farsi corsaro per recuperare le ricchezze perdute nel commercio, andando incontro ai pericoli che lo porteranno al naufragio. A questo punto, però, si verifica quell’imprevedibile intervento della Fortuna che determina, nel cuore di questa novella come in tutte quelle di genere simile, una virata decisa dell’azione: intervento che si concretizza nell’insistente forza con cui il mare e il vento spingono verso Landolfo la cassa, l’oggetto simbolico cui è interamente legato il corso degli eventi da questo momento in poi, fino alla conclusione. 











Macchiavelli nel capitolo XXV del Principe paragona la Fortuna ad un fiume in piena, il quale necessita dell’uomo per fare in modo che il suo corso non degeneri. Similmente, l’uomo può controllare il suo destino, evitando che la Fortuna prevalga sulla sua virtù.
 
Il Principe capitolo XXV




Fino ad arrivare ai giorni nostri dove la fortuna non è più concepita come una dea o una forza soprannaturale bensì vi è un’astrazione totale del termine.
Poche sono le persone che tutt’ora credono alla fortuna o alla sfortuna, solo i superstiziosi.
Ma è un concetto di fortuna molto lontano da queste interpretazioni, in quando non si pensa più che vi sia un essere, animato o non, a regolare la vita degli uomini bensì si attribuisce a diversi oggetti comuni l'accezione di portare fortuna.
La concezione negativa del termine, ovvero la sfortuna, è molto utilizzata per giustificare e trovare un colpevole per un insuccesso o per un evento negativo.


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CONCLUSIONE BLOG

Arrivati alla fine di questo viaggio all'interno della fortuna non resta che augurarci buona fortuna per l'esame!